Uscire dal mondo: è questo il titolo dell’ultimo libro di Edoardo Albinati, l’acclamato autore del romanzo “La scuola cattolica”, che sabato sera è stato ospite di Villa Segré a Casalgrande per parlare della sua ultima fatica letteraria.
Accolto a fine pomeriggio dalla vicesindaco Silvia Miselli e dagli assessori Alessia Roncarati e Daniele Benassi nella splendida cornice della Badessa di San Donnino di Liguria, per un primo contatto con l’eccellenza dei sapori emiliani, Albinati, intervistato dal professor Gino Ruozzi, ha incantato in serata il pubblico di Villa Segré con la sua poetica schiettezza.
Un’ora di dialogo serrato in cui il romanziere, il poeta, lo sceneggiatore Albinati, ha abolito ogni concessione al ben – pensare e alla retorica per arrivare dritto al cuore dei temi che lo interessano. Dall’isolamento, filo d’unione dei tre racconti della raccolta di tre novelle “Uscire dal mondo”; alla dialettica tra mascolinità e pensiero femminista, temi intorno a cui ruota la ragion d’essere della “Scuola Cattolica”; fino al rapporto tra realtà e invenzione nel romanzo, l’esperienza dell’insegnamento in carcere a Rebibbia e la scelta della non – frequentazione della società letteraria.
“E’ il grande tema della scrittura – ha esordito Albinati – : quanto uno inventi, quanto uno ricordi, quanto uno riferisca. In realtà si fanno tutte queste cose insieme. Se per la grande poetessa americana Marianne Moore la poesia è ‘mettere rospi veri in giardini immaginari’, io penso invece di mettere rospi finti in giardini veri”.
“Io non credo – ha detto ancora Albinati – che lo scrittore possa dire tutto e parlare di tutto. Adesso c’è un’illusione, un equivoco, sul fatto che lo scrittore sia uno che commenta il mondo. Nel caso della ‘Scuola cattolica’, non pensavo che sarei stato capace di fare un quadro della società italiana degli anni ’70. Semplicemente sono incappato in un dato biografico: l’essere stato a scuola con i ragazzi che poi diventeranno gli assassini del delitto del Circeo. Questo non era un dato sufficiente a farmi raccontare di questa storia. Ma accadde che 30 anni dopo il delitto del Circeo, uno di questi tre ragazzi, Angelo Izzo, commettesse di nuovo un duplice omicidio”.
“Questo secondo evento – spiega Albinati – fece sì che io mi accorgessi che il passato non era passato per niente. Mi sono chiesto: cosa posso scrivere su questo? Non sono latore di nuove scoperte. Ma la cosa che potevo raccontare, e che nessuno aveva raccontato, era non tanto il delitto, ma il prima, il dopo, quello che c’era stato intorno, l’epoca, il quartiere, le famiglie. Perchè penso di poterlo raccontare? Soltanto perché c’ero. E ho cercato di non usare la solita retorica, per questo ringrazio Gino Ruozzi quando all’inizio della serata, ha detto che sono ‘frontale’ rispetto alle cose che scrivo”.
“In effetti – ha spiegato ancora Albinati – questi argomenti “caldi” non vengono rivelati, ma mascherati dalla retorica, dallo sdegno, dall’indignazione, dalla verbosità. Ad esempio: quel delitto, quello del Circeo, era stato ampiamente trattato dalla cronaca dell’epoca; e su di esso si erano espressi intellettuali e avevano detto cose sempre molto approssimative. Io ero nella posizione di poter raccontare da un grado zero, quello di un ‘ragazzetto’ di 15 anni, cos’era quel modello di vita. Il che era interessante anche perché quel modello, quel tipo di famiglia, quel tipo di educazione, già 10 o 15 anni dopo sarebbe stato spazzato via”.