Il senso del mio impegno in qualità di Assessore alla cultura e all’ambiente è collegato al tema delle celebrazioni per la caduta del muro di Berlino e provo spiegarlo rispondendo a due domande.
Perché la cultura è strettamente connessa all’ambiente? Provo a dirlo in questo modo: cosa pensava l’uomo che tagliò l’ultimo albero dell’Isola di Pasqua? Pensava di salvaguardare l’ambiente. Perché con quel legname doveva costruire idoli che avrebbero indotto il suo Dio a salvare l’isola dalle imminenti catastrofi ambientali. Oggi noi penseremo, invece, che facendo così distruggeremmo l’ambiente perché attribuiamo a quel gesto un valore completamente diverso. Ed è il processo culturale che, attribuendo valori, orienta i comportamenti.
Ma la seconda domanda è ancora più pertinente. Perché ho dichiarato, nelle mie linee di mandato che il tema dei valori etici nel rapporto tra umano e artificiale sarebbe stato un tema culturale fondamentale da sviluppare a Casalgrande. Forse, perché è un tema che appassiona l’Assessore? Noi siamo invasi e, si dice, spesso marginalizzati dall’artificiale, dagli algoritmi, ma non potremmo fare a meno di questo processo di innovazione tecnologica. Senza questo processo non possiamo salvare l’ambiente, il pianeta sarebbe semplicemente perduto.
Ma, temiamo la disoccupazione tecnologica. Rischi di perdita di lavoro che può trovare una compensazione, se non un rimedio attraverso una formazione e un cambio culturale che faccia crescere nuove competenze e rapporti efficaci nell’utilizzo degli algoritmi.
Purtroppo la velocità dell’innovazione è più rapida della formazione tecnica e culturale. Lo è meno nelle aree del pianeta più sviluppate, ma questo comporta il rischio di aumentare la distanza non solo tra i ricchi e i poveri, ma tra aree all’avanguardia e territori di provincia dove si fanno lavori e tipi di vita diretti da fuori, schiavi alle mercè di anonimi padroni che ci dettano ritmi di lavoro e di vita.
E’ un modo per creare altri muri, più invisibili, ma, proprio per questo più pericolosi, in cui le vittime, gli “schiavi” del rapporto parossistico lavoro/consumo, sono collusi con padroni culturali anonimi e pervasivi.
Ecco noi vorremmo evitare la costruzione di questi muri e, quando, l’altro giorno la Regione ci ha detto che aveva accettato di organizzare una riunione con tutti gli organi decisionali, ma che non sapevano dove era Casalgrande, il nostro Sindaco ha risposto: “nessun problema, noi sappiamo dove è la Regione e veniamo noi”.
Casalgrande, che è rappresentante della Regione in un progetto europeo sulla gestione dei rifiuti va verso il mondo, impara dal mondo, vuole essere un esempio nel mondo. Ed è per questo che mi sento di poter dire: “io sono Casalgrandese”.